mercoledì 29 giugno 2016

LA VERITÀ SUGLI ZINGARI, UN POPOLO LIBERTARIO CHE NON SI PIEGA AL SISTEMA





“È tempo di nomadismo. Hanno ragione gli zingari, un popolo che potrebbe veramente scrivere un capitolo importante della storia dell’uomo.

Vivono su questo pianeta da migliaia di anni senza nazione, né esercito, né proprietà.

Custodiscono una tradizione che rappresenta la cultura più vera e la più semplice dell’uomo, quella più vicina alleleggi della Natura. Può sembrare una visione parziale o romantica? Cerco solo di farne una lettura meno superficiale di quanto normalmente ci fa comodo.


Gli zingari vanno verso l’abolizione del denaro, adottano lo scambio come nelle società primitive.”

Fabrizio De Andrè





Noto spesso una vastissimadisinformazione ed un’estesa varietà dipregiudizi negativi, non che mistificazioni banali, riguardanti le comunità Rom, ed è per questo che nel seguente articolo cercherò di delineare in modo chiaro la cultura Rom basandomi sulle ricerche etnografiche dell’antropologo italiano Leonardo Piasere.

Leonardo Piasere come già accennato è un antropologo italiano e il massimo esperto e conoscitore della cultura e delle comunità Rom in Italia.


Il termine “zingari” con cui l’opinione pubblica, i media e in parte le istituzioni definiscono le comunità Rom è appunto un termine affibbiato loro dall’esterno e intriso di connotazioni negative; è per questo che i Rom rigettano questa espressione e utilizzano la locuzione “Gagè” per indicare tutti i non Rom.



Il mondo dei Rom e quello dei Gagè sono nettamente contrapposti, se non addirittura in antitesi, anche se costantemente in contatto, poichè le comunità Rom si stanziano in quei luoghi e spazi abbandonati o lasciati liberi dai Gagè, nelle cosi dette “terre di nessuno” adottando pratiche di resistenza e adattamento nei confronti del mondo dei non Rom, più vasto e solido.



Un aspetto rilevante della cultura Rom è la totale assenza di classi sociali, così come siamo soliti intenderle nella nostra ottica occidentale, all’interno delle loro comunità; infatti le uniche distinzioni sono basate sul sesso. Concetti come quello di ricchezza e quello di povertà sono situazioni momentanee poichè all’interno delle comunità Rom il modello di distribuzione delle risorse ha un fortecarattere egualitario ed infatti nel momento in cui avviene l’accumulazione di ricchezze si cerca di distribuirle in modo eguale tra le varie famiglie e gruppi che compongono la comunità.

La comunità è il fondamento della cultura Rom, perciò si impegnano costantemente nel mantenimento dell’uguaglianza in modo da impedire l’emergere di divisione sociale e stratificazione gerarchica della società, ostacolando consciamente la formazione di veri e propri capi.






Nonostante questa assenza di capi, all’interno delle comunità Rom esistono dei leaders che basano il loro prestigio semplicemente sulle loro capacità e i loro sforzi, similmente ai Big Men polinesiani e ai capi senza potere presentati da Pierre Clastres. Infatti, come avviene per molti popoli primitivi, anche per quanto riguarda i Rom non è la comunità a conferire potere o autorità al leader, bensì è l’individuo che conquista il prestigio sociale grazie al sudore della sua fronte e per ciò che realmente fa, non avendo difatti nessun mezzo coercitivo per imporre la propria volontà alla comunità intera.

L’importanza conferita dai Rom alla comunità trova la sua espressione principale nel forte senso disolidarietà interna.



Infatti come evidenzia Piarese, all’interno della comunità tutti sono pronti ad aiutarsi vicendevolmente nel momento del bisogno. Nonostante una certa rappresentazione romantica e poetica dipinga i Rom come “figli del vento”, sottolineando il loro carattere di individui estremamente liberi, la libertà individuale, seppur presente all’interno della cultura Rom, è subordinata alla comunità e alla coesione interna che, come visto, hanno un ruolo predominante.

La libertà si esprime nella sua totale accezione fin quando esisterà la fondamentale distinzione tra Rom e Gagè, ovvero tra Rom e non-Rom, perchè questo carattere permette alla cultura Rom di affermarsi rivendicando i propri usi, costumi e tradizioni e rafforzando il senso di solidarietà comunitaria. La loro libertà si realizza nel mantenimento della comunità e della loro cultura.

Uno dei pregiudizi maggiormente diffusi è la credenza del fatto che i Rom non abbiano voglia di lavorare.





Leonardo Piarese prova dare una spiegazione a questo pregiudizio sostenendo, ricollegandosi al tema della libertà individuale, che ogni individuo Rom vuole essere padrone del proprio tempo e dell’organizzazione e gestione di quest’ultimo. Perciò il lavoro salariato tipico della società industrializzatae capitalista moderna collide con la cultura e la filosofia economica Rom, venendo considerato dai Rom come una forma di furto della capacità di controllo e gestione del proprio tempo da parte di noi Gagè.

Piarese per studiare la cultura Rom ha adottato il metodo antropologico dell’osservazione partecipante, trascorrendo lunghi periodi di tempo tra le comunità analizzate, imparando a conoscerle e a conoscere il loro mondo dal loro punto di vista, abbracciando il concetto di relativismo culturale che “non propone un generico concetto di tolleranza, ma la necessità di sospendere il pregiudizio, rinunciare all’applicazione a-critica delle proprie categorie e sforzarsi di percorrere la via dell’ascolto e del dialogo”, citando direttamente la ricercatrice e antropologa Angela Biscardi.

Citando nuovamente Fabrizio De Andrè:

“Io penso che proprio queste persone, questi gruppi di persone, difendendo il loro diritto ad assomigliare a se stessi, difendono soprattutto la loro libertà”.

http://ilnuovomondodanielereale.blogspot.it/



Fonte: http://anarcoantropologo.altervista.org/cultura-rom-comunita-senza-nazione-senza-esercito-senza-proprieta/

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