giovedì 15 settembre 2016

L’INDUSTRIA DELLO ZUCCHERO PAGÒ PER FALSIFICARE GLI STUDI SUI RISCHI PER IL CUORE

Per oltre 50 anni gli studi sul legame tra zucchero e problemi cardiaci sono stati manipolati dalla lobby dei produttori di zucchero. La scoperta su Jama Internal Medicine





(Credits: Mårten Persson/Flickr CC)

Le bugie hanno le gambe corte. Ma non sempre: un serie didocumenti scoperti da un ricercatore della University of California di San Francisco e apparsi su Jama Internal Medicine rivelano che per oltre 50 anni gli studi sul possibile legame tra lo zucchero e lemalattie cardiache vennero manipolati dalla Sugar Research Foundation. L’organizzazione, infatti, negli anni ’60 sovvenzionò diversi scienziati affinché assolvessero lo zucchero e mettessero sotto accusa i grassi saturi come veri colpevoli dell’insorgenza di malattie cardiovascolari. “Sono stati in grado di far deviare la nostra attenzione sullo zucchero per decenni”, ha spiegato Stanton Glantz, autore del lavoro.


Stando alla ricostruzione del NewYork Times, i documenti mostrano che nel 1967 la Sugar Research Foundation, attualmente conosciuta come Sugar Association, ha pagato tre scienziati di Harvard circa 50mila dollari per pubblicare sul prestigioso New England Journal of Medicine un documento sul ruolo dello zucchero e dei grassi in relazione alle malattie cardiache.
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Gli scienziati di Harvard ed i dirigenti dell’industria con i quali hanno collaborato non sono più vivi; uno dei tre, D. Mark Hegsted, rivestì addirittura il ruolo di capo del Dipartimento dell’Agricoltura, dove nel 1977 contribuì a pubblicare diverse linee guida sull’alimentazione.


Ed ecco il retroscena: già dai primi anni ’60, diversi studi avevano cominciato a evidenziare una relazione tra una dieta ricca di zuccherie alti tassi di malattie cardiache. Allo stesso tempo, altri scienziati, tra cui il fisiologo Ancel Keys, stavano studiando una teoria secondo cui i veri colpevoli erano i grassi saturi e i livelli di colesterolo, mentre il nutrizionista britannico John Yudkin, invece, metteva principalmente sotto accusa gli zuccheri aggiunti. Un’ipotesi, quest’ultima, che sicuramente non poteva far piacere alle industrie produttrici di zucchero. Così nel 1964 John Hickson, un manager dell’industria dello zucchero, propose di contrastare quei risultati allarmanti con nuove ricerche che sminuissero il ruolo dello zucchero nell’insorgenza diproblemi cardiaci.

“È una strategia molto intelligente [anche se illegale, nda]”, perché le review, soprattutto se vengono pubblicate su riviste prestigiose, tendono a modellare il dibattito scientifico globale”, spiega ancoraGlantz. “I documenti appena scoperti sono importanti perché ildibattito sui danni di zuccheri e grassi saturi è tuttora in corso”. Per molti decenni, infatti, i funzionari della sanità hanno incoraggiato gli americani a ridurre la loro assunzione di grassi, il che ha portato molte persone a consumare alimenti a basso contenuto di grassi, ma ricchi di zuccheri, aumentando quindi il numero di obesi.

Oggi, le discussioni sui grassi saturi restano un punto cruciale delle linee guida sull’alimentazione del governo, anche se negli ultimi anni l’American Heart Association, l’Organizzazione mondiale della sanità e altre autorità sanitarie sono tornati a dire che troppi zuccheri aggiunti possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, oltre a quello delle carie. L’anno scorso, per esempio, una reviewapparsa su Plos Medicine aveva svelato la manipolazione della lobby dei produttori di zucchero sullo sviluppo della ricerca sulle carie, affinché l’attenzione si spostasse dallo zucchero a terapie come lo xilitolo, dentifrici al fluoruro e vaccini. L’intervento dell’industria riuscì così a impedire che le linee guida dell’Oms includessero il limite delle quantità di zuccheri liberi al 10% delle calorie consumate giornalmente, facendo così apparire una generica indicazione a“limitare il consumo di zuccheri liberi”. In questo caso, l’Oms ha recentemente posto indicazioni rigide, stabilendo una soglia massimadel 10% di zuccheri e suggerendo che una riduzione fino al 5% (25 grammi al giorno pari a 6 cucchiaini) potrebbe fornire ulteriori benefici per la salute dei nostri denti.




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